“Una ragione di lavorare è che le tele valgono denaro. Mi dirai subito che questa ragione è prosaica perchè dubiti che ciò sia vero. Eppure è vero. Una ragione di non lavorare è che le tele e i colori ci costano solo soldi, restando noi in attesa. I disegni però non costano cari.” Così scrive Vincent Van Gogh a Emile Bernard il 18 giugno 1888, mentre al fratello Thèo qualche anno prima “La felicità è avere ripreso il disegno”.
In mostra a Brescia c'è il Van Gogh meno conosciuto, quello intimo, impegnato nell'appuntare le proprie emozioni con la matita, scorci e volti, tutto ciò che poi esprime compiutamente con la pittura. Disegni ed acquerelli rappresentano in alcuni casi i “bozzetti” per lavori ad olio notissimi, in altri casi sono opere del tutto autonome, pensati e realizzati definitivamente con carboncino o matita.
Nella prima sezione, il tempo trascorso nella regione mineraria del Borinage (ottobre 1880), una copia dell'Angelus di Millet: in queste opere l'attenzione è ai lavoratori della terra, i volti spigolosi e le mani enormi, segno di sofferenza, di fatica fisica. Poi il pittore è ad Etten, nel nord Brabante, presso i genitori: le pelatrici di patate rappresentano una critica sociale alla dieta povera; nelle cucitrici con le cuffie osserva con partecipazione una vita umile ma dignitosa. Dopo aver litigato con i genitori, alla fine del 1881 Vincent è a L'Aia e dipinge scene di strada e paesaggi (meno efficaci) ma anche anziani a figura intera o vicino al fuoco; i ritratto (olio su carta) di un pescatore e di sua moglie non hanno i volti. Struggente “Donne nella neve che portano sacchi di carbone”: il paesaggio è innevato, illuminato da luce livida e dominato da corvi e alberi spogli, le donne con gli zoccoli e i grembiuli da fatica sono incurvate sotto il peso dei sacchi, i volti non si vedono, sono annullate come presenze umane, solo “animali da fatica”.
Nel dicembre 1883 rientra a casa paterna a Nuenen, i dissidi sembrano attenuati. Ritrae tessitori ed ancora cucitrici nel buio delle cucine, in una solitudine totale e stordente. Il “Roseto in fiore nel giardino dell'ospedale” e “Il giardino dell'ospedale di Saint Rémy” mostrano i tratti vigorosi e riconoscibili, coloristicamente e graficamente, come un uliveto verde-azzurro e i cipressi, lingue di fuoco nero verso un cielo vorticoso. In mezzo un'infilata di uomini e donne impegnati in lavori domestici o nei campi. Icona della mostra è l'autoritratto di Parigi dell'aprile-giugno 1887.
Tutte le opere in esposizione provengono dal Museo Kröller-Müller di Otterlo, Paesi Bassi, inserito nel bel parco di Hoge Veluwe, dove è esposta la collezione messa insieme da Helene Kröller-Müller, la cui formazione è descritta in un pannello didattico, mentre una teca contiene l'originale di una lettera in cui Helene esprime la sua opinione sulla modernità di Van Gogh.
Tra le opere esposte, Corot, Fantin-Latour, Pissarro, Signac prepointillisme, Van de Velde, Seurat (lo splendido “Entrata nel porto di Honfleur”), Toorop, l'interessante cabaret olandese di Isaac Israël, la sposa di Johan Thorn Prikker che sembra una vetrata art nouveau, il cupo Rops, il rigoroso Degouve De Noncques e ancora Redon, Mondrian, van der Leck (simile a Mondrian per ricerca e risultato) e Gris.
Ma ogni volta che ci si accosta a una mostra su Van Gogh non si può dimenticare quella straordinaria del 1988 curata da Gianna Piantoni, quando per la prima volta gli italiani si misero in fila per ore per ammirare dipinti e disegni. Una mostra che fu epocale, irripetibile.
Brescia, Museo di Santa Giulia, fino all'8 febbraio 2009, aperta da domenica a giovadì dalle 9 alle 19, venerdì e sabato dalle 9 alle 20 (chiuso 24, 25 e 31 dicembre, 01 gennaio aperta dalle 11 alle 19), ingresso euro 10,00, catalogo Linea d'Ombra Libri, infoline 0422.429999, sito internet www.lineadombra.it
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